... i mestieri                                                 Cava Manara
 
 

'l Seghesin

Fin verso gli anni cinquanta esistevano ancora grandi appezzamenti di terreno non coltivati e ricoperti d'erba; erano estensioni investite a colture foraggere e le erbe che vi crescevano erano di più specie: i cosiddetti prati. In primavera si ricoprivano di una particolare erba fatta di un insieme di erbe e di fiori che davano un morbido fieno, sottile molto gradito agli animali da stalla. Questi terreni, tenuti e messi a prato, avevano la loro resa e, a difterenza dei campi d'erba medica, di trifoglio o di favette che duravano tre o quattro anni e poi venivano arati, erano permanenti e duravano decine di anni. Quando non esistevano ancora le macchine, l'unico strumento adatto era la falce: era l'attrezzo per tagliare a mano cereali ed erbe.
Se era fornito di manico corto e di una lama d'acciaio stretta e molto arcuata, con costole di rinforzo, era chiamato falce messoria; se invece era a manico lungo, con una o due impugnature, la lama larga e lunga e l'estremità appuntita si chiamava falce fienaia.
La "falce messoria" obbligava il falciatore a stare piegato in modo da poter raccogliere con la sinistra ciò che tagliava cioè il grano; la "falce fienaia" permetteva una posizione quasi eretta e il falciatore poteva procedere più speditamente sul posto, alternando l'ampio movimento rotatorio delle braccia con un passo in avanti e lasciando per terra l'erba tagliata. Per avere buoni raccolti di fieno, ogni anno si faceva la concimazione del terreno con il letame di stalla.
Quello del falciatore era un lavoro stagionale; questi aveva anche il compito della concimazione e della preparazone del terreno. Quando il campo era pronto per la falciatura, tutti i dipendenti della cascina diventavano falciatori. In alcune zone esistevano delle vere squadre che prendevano il lavoro a contratto, un tanto alla pertica oppure ad appezzamento, pattuendo prima il prezzo per tutto il prato da falciare. Il più delle volte il contratto si faceva per appezzamento perchè i padroni tendevano sempre a dire che il perticato era meno del reale per spendere meno. Il taglio avveniva più di notte che di giorno specialmente quando c'era la luna, perchè l'erba era impregnata di rugiada ed era più morbida da tagliare. La rasatura del prato doveva essere perfetta per evitare contestazioni.
La falce doveva tagliare come un rasoio e per tenere il filo vivo, ogni tanto con la cote lo si ravvivava; era anche l'occasione per riposare un istante e raddrizzare le reni. La cote era una pietra dura di calcari siliciferi di colore scuro ed era tenuta in un poltacote fatto con un corno vuoto di bue, appeso alla cintola. Dopo mezza giornata al massimo di lavoro il filo della falce diventava spesso ed allora bisognava ricorrere alla martellatura ed alla battitura della falce per farsì che facesse ancora presa sull'erba. Per far questo occorreva un buon martello e una specie di incudinetto lungo 4 o 5 cm, circa con l'estremità inferiore fatta a punta per poterlo conficcare per terra oppure su un pezzo di albero. I falciatori percepivano una discreta paga e ottenevano altrettanto per la spigolatura di un campo dopo che questo era stato accuratamente rastrellato. Anche la spigolatura era motivo di mobilitazione: bambini, ragazzi e ragazze venivano svegliati presto al mattino, verso le 4 o al massimo le 5 e, assieme a qualche adulto, raccoglievano spighe di grano fino alle 9 o alle 10. A quell'ora bisognava smettere perchè il sole rompeva la paglia e non si poteva più fare il fascio di spighe. AI momento della mietitura l'erba era alta circa 30 cm, e bisognava tagliare il grano in modo da lasciare alta la stoppia. Questa, poi, veniva tagliata assieme all'erba e data in pasto agli animali.
Per falciare questi campi si usava al posto della falce grande il "sighis" che era un falcetto lungo 50-60 cm. molto affilato, ricurvo e a mezzaluna che si adoperava con una sola mano. Si poteva stare in vita a lavorare anche perchè si lasciava la stoppia di una trentina di centimetri circa. In alcune zone nei primi anni del 1900 e prima della prima guerra mondiale, gli operai addetti alla falciatura e alla mietitura, venivano contrattati ogni mattina, alle 4, in piazza. Anche nel nostro paese vari erano i gruppi di "seghisin" che, da maggio fino alla raccolta, andavano da una cascina all'altra a prestare la loro opera. Si spostavano a piccoli gruppi verso il milanese per cui non sempre riuscivano a tornare a casa alla domenica.