Contro i vermi dei bambini: Per accertarsi se alcuni dei frequenti disturbi che turbano i bambini siano dovuti alla presenza di ascaridi nell'intestino, le donne
iniziate pongono sul capo del piccolo paziente una matassa di filo filato in casa accompagnando l'operazione con segni o parole speciali. Poi strappano dalla matassa alcuni pezzi di filo e li
gettano in un catino d'acqua. Se i vermi ci sono, questi pezzi di filo si torcono e si muovono proprio come farebbe un verme quasi in essi si fosse trasfusa la vita del parassita; e in tal caso
questi verrebbero eliminati. Se il filo non si muove, meglio così, poichè dei vermi non ci dovrebbe esser ombra. È facile però osservare che se nella sua preparazione il filo ha subito una forte
torcitura, una volta spezzato in frammenti ed immerso nell'acqua, per effetto della capillarità le sue fibre tendono a muoversi per ridistendersi, il che non avverrebbe se la torsione fosse stata
normale; ma non vogliamo togliere illusioni a chi ci crede.
Virtù delle ragnatele: Fino a poco tempo fa, ed in certi strati del popolo minuta, ancora oggi, il miglior emostatico per le ferite da taglio, vale adire per quelle ferite ove la
soluzione di continuità della pelle non sia di entità rilevante è la ragnatela, anzi, proprio in barba a tutte le leggi dell'igiene e della profilassi, si scelgono le ragnatele più polverose perchè si
ritiene chi stàgnan püssè svelt al sangh.
Pr al sangh da nas: Per fermare lo scolo del sangue dal naso si ha ancora l'abitudine di bagnare l'estremità della nuca applicandovi generalmente un fazzoletto imbevuto d'acqua fredda.
Par fa da föra la bota: Per le contusioni (bot), quando è possibile, si usa applicare sopra la parte contusa una fetta più o meno spessa di lardo; la massima parte delle volte
però, la quantità di medicamento è più proporzionata alla disponibilità dello stesso che non all'entità del male riportato. Come succedaneo può servire anche la carta dal sücar, quella carta scarsa di
colla che i droghieri usano per incartocciare lo zucchero, ammollata nell'acqua.
L'oli da scürpión: Quando la ferita raggiunge una certa entità, vale a dire quando penetra in cavità, uno dei medicamenti di fiducia è l oli da scürpión, vale a dire dell'olio
d'oliva contenuto in una boccetta nella quale siano stati messi a decomporsi degli scorpioni, ed è caratteristico il fatto che essendo conosciuta la persona depositaria di questo medicamento che si ritiene
portentoso, quando qualcuno di questi aracnidi viene catturato, viene subito portato ad accrescere la riserva del farmaco.
Oltre all'olio di scorpione si usa anche l'oli d tàss barbà, olio di tasso barbasco (Verbascum Pholomoides) un fiore giallo che messo nell'olio serve a farne infuso, ed infine al vónt ad lipra
(unto di vipera). Se la preparazione dell'olio di scorpione o di quello di tasso barbasco non si riduce che ad una semplice infusione, più complicata è invece la preparazione del vónt ad lipra. Occorre anzitutto
la vipera, e quando si verifica il caso di trovarne una nei campi bisogna possibilmente catturarla viva. A casa poi si prepara al fuoco un pentolino di olio e quando questo è al bollore vi si immerge il rettile che
finisce i suoi giorni bell'e fritto. Bisogna allora lasciar maturare il tutto, il che vuol dire attenderne la decomposizione fin che il composto diventa un amalgama graveolente ritenuta miracolosa per le ferite di
ogni genere.
La pesa da savatéi (la pece da calzolaio): Rimedio ritenuto infallibile per estrarre da una ferita, uno spino, una scheggia, della terra, od anche del pus coagulato è la pece da calzolaio la quale
avrebbe il potere di insinuarsi nella ferita stessa e di estrarne, per contatto, il contenuto.
Serve anche pár tirà a cò i bugnón, cioè per far maturare i foruncoli o i ciccioni fino a farli aprire e ad estrarne il prodotto di suppurazione.
Segnà i ghif (parotite): Gli orecchioni o parotite, malattia comunissima nei bambini, si fanno scomparire con un segno. Consiste nel disegnare con l'inchiostro nero sopra la parte malata, generalmente
dietro le orecchie il nodo di Salomone pronunciando in pari tempo apposite invocazioni. Dopo pochi giorni, non si sa se perchè il male abbia fatto il suo corso o per quale altra ragione, il disturbo scompare.
Romp i gandión (Glandole ingrossate): Quando certe glandole del collo si ingrossano e danno fastidio, si usa fàss romp i gandión, vale a dire presentare a colui che
in questo caso funziona da medico, col pollice racchiuso nel pugno, il braccio corrispondente alla parte opposta alla posizione del male. Il curante, che in molti casi è una donna, inumidito il pollice
della mano destra, lo preme a tutta forza all'inizio dell'avambraccio dove si sentono degli ingrossamenti a forma di nodo, e scorrendolo lentamente dal basso in alto, mormorando delle parole segrete, riesce a
diminuire di numero gli ingrossamenti stessi. L'operazione si ripete per parecchi giorni, sempre a digiuno fino alla scomparsa definitiva del disturbo; qualora questo fosse bilaterale, il massaggio dovrebbe esse
eseguito su entrambe le braccia. Il fatto che gli ingrossamenti di queste glandole diminuiscono mano mano di numero fino a scomparire, ha da luogo al detto canzonatorio: I crássan me i gandión, da vot diventan
set, da set diventan ses, da ses diventan cinch, e via, e ciò per dire di una cosa qualsiasi che invece di aumentare diminuisce.
Par fa ndà via la pustéma (otite): La cura dell'otite veniva fino a pochi anni or sono eseguita iniettando nell'orecchio dell'olio d'oliva leggermente caldo oppure del latte di donna appena spremuto. La
cura era ritenuta infallibile e non riusciva neanche tanto difficile il trovare fra le conoscenti qualche buona nutrice che, tutt'affatto gratuitamente, si prestasse alla umanitaria bisogna.
Bufà via la dérbia (soffiare l'erpete): L'erpete o dermatosi che tanto prurito produce sulla parte ove si manifesta. Viene bufà via soffiandovi sopra per tre volte dal basso in alto e altrettanto da destra
a sinistra, in modo cioè da comporre con i soffi tre croci. Le croci devono essere segnate sempre nelle medesime direzioni, pena, in caso contrario la nullità della cura. Naturalmente l'operazione è sempre accompagnata da
parole cabalistiche ignote al volgo profano ed il cui segreto è gelosamente custodito dai cosiddetti «mediconi».
Segnà la rusipula: Pure la risipola viene segnata con un segno particolare ed oltre al segno si usa anche coprire la parte malata con della crusca abbrustolita.
Da notare che qualche volta gli empirici che curano questi disturbi o mali, prescrivendo ai malati l'obbligo di recitare ad ore fisse certe orazioni, fanno, anche fuori del campo medico, un guazzabuglio
di sacro e di profano, tentando di codificare con l'imposizione della preghiera una pratica prettamente ciarlatanesca. Ma forse con tale sistema intendono suggestionare al massimo la sconfinata credulità
umana per ottenere maggior fiducia nell'esito della cura.
I patati gratà e l'inciostar: Nei casi di scottature si usa coprire la parte scottata con un impasto di patate grattugiate e qualche volta vi si versa sopra anche l'inchiostro.
La malva, la piantana, l rábas e i föi d sambügh: Le foglie di malva, quelle della piantaggine, della romice e del sambuco vengono considerate ottime come emolliente, specialmente se spalmate con burro
crudo, e servono anche a svuotare i foruncoli dal prodotto della suppurazione.
L decot ad limunsina (cedrina): Rimedio indicatissimo contro i disturbi di cattiva digestione è ritenuto il decotto di foglie di cedrina.
L decot ad malva, d gramágna e d dücamàra: Per certi disturbi si ritengono indicatissimi il decotto di malva o quello di gramigna, unendo qualche volta a questo ultimo dei pezzi di dulcamara che dicesi abbia virtù
portentose per favorire lo scarico delle urine. La dücamàra poi per il suo sapore caratteristico amarognolo che poi si trasforma in dolciastro, viene anche volentieri masticata dai ragazzi a guisa di liquirizia.
Màt al col una calsáta: Rimedio contro il male alla gola è ritenuta una calza appena levata dal piede, messa attorno al collo con lo scappino aderente alla parte malata. Non si fanno commenti in proposito.
I por, la cudga brastulì, 'l lat d figh e 'l caval bianch (i porri, la cotenna abbrustolita, il latte dei fichi e il cavallo bianco): Uno dei sistemi meglio indicati per
far scomparire i piccoli porri che deturpano il viso e far tornare la pelle liscia e morbida, è ritenuto il seguente:
Dopo di aver fatto abbrustolire un pezzo di cotenna di lardo, si sfregano
con forza i porri con la parte interna della cotenna stessa, seppellendo poi il medicamento sotto terra. Dopo un certo periodo di tempo e cioè quando la cotenna si è ormai del tutto decomposta, anche i porri
scompaiono. Pure il latte dei fichi acerbi viene usato a tale scopo. La cura dei porri viene fatta anche con un sistema più curioso che, pare, qualche volta produca il suo effetto. Si scelgono tanti
sassolini bianchi (circa una manciata) e si lanciano in tre volte fra le gambe posteriori di un cavallo maschio pure bianco intanto che si pronunciano le seguenti parole:
Cun l'aiüt dal bon Gesü
o caval sa t l o da dì
tüt i por che mi vöi pü
tach i gamb at végnan a tì
Quando i porri scompaiono, si può anche credere che li abbia portati via il cavallo bianco, ed è sintomatico il fatto che quando la cura non produce l'effetto desiderato, nessuno vuol ammettere il
fallimento del sistema, ma si ricercano invece tutte le ragioni per giustificare la mancata riuscita. O la cotenna essendo stata divorata dagli insetti e non decompostasi naturalmente, non ha prodotto l'effetto
desiderato, o i fichi erano troppo acerbi o troppo maturi, o il cavallo sarà stato una cavalla, o i lanci dei sassolini non sono stati perfetti o le parole che accompagnavano i lanci sono state mormorate male;
insomma tutto è ammissibile fuorchè l'infallibilità della cura. Ma se non fosse così, dove sarebbe la superstizione?
Ligà i por cul fil ad seda: Se i porri di cui si è affetti sono grossi e molto sporgenti si usa legarli vicino alla base con un filo di seta avendo cura di cambiarlo ogni tanto, facendo di volta in
volta la legatura sempre più stretta. Si arriva dopo un dato tempo ad avere il porro attaccato ad una base molto ridotta e ad un certo momento, mancando la alimentazione necessaria, finisce per cadere (crudà).
L'ursö e 'l büs dal cesso (l'orzaiolo ed il foro del gabinetto): Una cura infallibile che, si consiglia contro l'orzaiolo è quella di guardare a digiuno, nel foro di scarico della latrina.
È però un sistema che va man mano scomparendo col generalizzarsi dei gabinetti a scaricò d'acqua. Niente paura, però, che l’orzaiolo potrà ugualmente essere debellato; basta guardare, invece che nel troppo prosaico gabinetto,
entro una bottiglia contenente olio, rimedio che, pare, produce lo stesso effetto, se non la medesima sensazione di disgusto specie per l'olfatto.
Gli orecchini in funzione di occhiali: Si vedono ancora nelle campagne, dei vecchi portare gli orecchini come le donne. Sembra che tale usanza non sia dovuta ad una semplice esibizione ambiziosa, ma derivi dalla
credenza che gli individui di vista corta, così ornati avrebbero migliorate le loro facoltà visive.
Contro il mal di denti: Volete poi una ricetta certissima che preserverà per tutto l'anno dal male ai denti? Eccola: le donne bevano un uovo a digiuno la mattina del giovedì santo, e gli uomini invece il venerdì santo.
Ve la diamo gratis, così come l'abbiamo avuta.
Ma infine dobbiamo proprio attribuire soltanto alla superstizione tutte queste pratiche che hanno a prima vista, una apparenza di stranezza. Oggi noi sorridiamo di compatimento ai rimedi consigliati dai «medgón» (medicastri) o
da coloro che «segnano il male» non soltanto nelle campagne ma anche nelle città ove la vita pulsa con suo ritmo più moderno; eppure, proviamoci a consultare qualche trattato di storia della farmacia e vedremo allora che razza di
ingredienti venivano adoperati per la preparazione delle medicine, due o al massimo tre secoli or sono. Non dobbiamo dimenticare che, anche nel campo medico farmaceutico, i rimedi e le cure trovati dall'uomo giovandosi del suo istinto
o brancolando nel buio della suggestione e delle superstizione, poterono passare ad una pratica fondata sul ragionamento od essere del tutto scartati soltanto dopo che fu possibile, con lo studio e l'esperienza, farsi un concetto scientifico
del loro valore.
Non è detto quindi che, salve s'intende le pratiche esorcistiche, non ci sia fondamento scientifico anche nelle cure alle quali abbiamo accennato. Infatti, il medico usa, per tamponare una leggera ferita, gli impacchi di garza; orbene, quale
tessuto più leggero e nello stesso tempo più consistente della tela del ragno? C'è il fatto della asepsi, è vero, e se la garza usata dal medico è sterile, altrettanto non può dirsi della ragnatela esposta ad ogni veicolo eterogeneo.
L'impacco per frenare ed arrestare il sangue dal naso trova la sua ragione nell'azione vasocostrittrice del freddo; il lardo è un emolliente e quindi atto a decongestionare i tessuti contusi.
L'olio di scorpione è nel Ricettario del Mattioli e citato in un Tariffario pavese del sec. XVII; il tasso barbasco è pianta medicinale della attuale farmacopea, e la vipera era, in tempi non del tutto lontani, molto usata in farmacia.
La vediamo come una delle sette sostanze pregiate con le quali si preparava la teriaca, citata nell'Arte dello Spediale del pavese frate Francesco Sirena (1679) e nel tariffario già segnalato. Entrava anche nella composizione del famoso
Elettuario che si farebbe risalire a Mitridate come antidoto ad ogni sorta di veleno, tanto se introdotto per bocca che iniettato col morso. L'introduzione di qualche goccia di olio tiepido nel canale auricolare è anch'esso legittimato
della pratica medica con la differenza che l'uomo della scienza usa, a puro scopo asettico, olio leggermente fenicato; ed il latte umano è anch'esso, come l'olio, un grasso liquido ed, appena spremuto, naturalmente tiepido.
Cura delle scottature: la patata non è che amido ed ha la stessa azione di tutte le sostanze inerti che in simili casi la medicina usa; per quanto riguarda l'inchiostro, ricordiamo che nella sua composizione entravano sempre,
una volta, e in qualche caso anche oggi sostanze tanniche il che vale adire astringenti ed il ferro, il cui cloruro è il miglior emostatico conosciuto.
La malva, la piantaggine, la romice e il sambuco hanno tutte, chi più chi meno, proprietà emollienti; la cedrina, contenente una essenza aromatica, è un eccellente eupeptico,
come del resto il basilico, l'origano, la salvia e il rosmarino usati in cucina per rendere le pietanze non soltanto più gradite al palato ma, anche maggiormente digeribili.
La gramigna è usata anche dal farmacista come diuretico; il latte di fichi acerbi è un revulsivo; una escrescenza carnosa come il porro, legata alla base con un filo di seta
non ha più alimento e si necrotizza. Infine, l'avvicinare l'occhio affetto da orzaiuolo alla cloaca della latrina vuol dire sottoporlo alla azione cautica dei vapori ammoniacali
che ne promanano. In quanto alla calza che, per guarire il mal di gola dovrebbe essere avvolta attorno al collo appena levata dal piede, non può aver che l'effetto di un qualsiasi tessuto caldo.
Come si vede, potremmo con ciò dar vita ad una ricetta riassuntiva: prendi un po' di vero, allungalo con la suggestione del misterioso, usalo in dose esatta alla credulità
del soggetto e il farmaco sarà ritenuto infallibile.