... i mestieri                                                 Cava Manara
 
 

I Ciudarö

Si ritiene che a Pavia in antico sia esistita una fabbrica di chiodi pel fatto che una località sita fra la piazza Petrarca e via Cesare Ferreri (in antico Piazza S. Maria di Loreto e Contrada della Malora) veniva chiamata Chiodara. La derivazione di tale vocabolo è però dubbia, pensandovi possa anche essere stata attribuita alle imposte (claudenda - chiudenda) di una pusterla, o piccola porta praticata nelle mura della città che passavano in quel punto. Comunque dal ricordo di parecchie generazioni, l'industria dei chiodi è attribuita all'artigianato e solitamente trasmessa da padre in figlio. I neri antri di questi vulcani in miniatura erano situati in piccoli locali, dove, da informi pezzi di ferro rovente, a suon di potenti martellate provocanti crepitanti e luminose scintille, balzavano le qualità più svariate per forma e dimensioni di chiodi perfetti. Il garzone infaticabilmente soffiando col mantice preparava sulla fucina l'un dopo l'altro gli incandescenti ferri, avendo cura che nessuno ne sfiorisse per eccessiva temperatura raggiunta, mentre il maestro, nude le muscolose braccia o l'intero torso, riparato dalla cintola in giù dal tradizionale grembiule di pelle (la scussalina) foggiava sopra un incudine di forma speciale i chiodi richiesti. Erano questi i grossi ciòd da cantir (chiodi per travi) che si alternavano coi più agili ciòd da navàssa (chiodi per bigoncia), oppure con i caratteristici ciòd da cüsì (chiodi per cucire tavole), o coi comuni venessianel (venezianelli, di media dimensione), o con i nustràn (comuni), quando non erano la verga o la mesa verga, in una gamma complessa e variopinta d pont e d capél (punte e teste), di forma varia e di dimensioni che da pochi centimetri di lunghezza arrivavano qualche volta a superare il palmo. Con la fabbricazione dei chiodi a macchina, anche questa forma di artigianato è andata mano mano scomparendo, portando con sé un po' di nostalgia del ferro e del fuoco, e togliendo al prodotto ormai meccanizzato, l'impronta poetica dell'umana abilità.