... i mestieri                                                 Cava Manara
 
 

'l Cavagné

Cataste enormi di vümna (ramo di salice tagliato dopo due anni dall'ultimo ceduo), vis-c (vermena), sàlas (vetrice) e guréi (vinco); cumuli grandissimi di sottili strisce d castégna, qualche paletto o piccola pertica appoggiati obliqui ad un angolo del camerone, ed un forte odore di legno, quell'odore caratteristico della legna di fresco abbattuta. Qualche sedia bassa malamente impagliata, qualche sgabello, qualche predella, dei coltelli di diversa forma e parecchie mazzuole a forma di clava. Questo il laboratorio e l'attrezzamento del canestraio, di questo artigiano che, come già quelli accennati in precedenza, tramanda di generazione in generazione il proprio mestiere. I più caratteristici negozi erano sotto i portici della piazzetta retrostante al Broletto, detta ancor oggi Cavagneria. La maestranza non è numerosa, due o tre persone al massimo, ivi compreso il padrone dell'opificio. Pipa spenta in bocca o mozzicone di sigaro toscano, per gli anziani; sigaretta semispenta fra le labbra, per i giovani. Ognuno si siede al proprio posto, e dato di mano al materiale rispettivamente preparatosi vicino si inizia il lavoro. L'immancabile inaffiatoio è a portata di mano, e mai non manca la enorme ciotola piena di acqua entro la quale si terranno inumidite le strisce di castagno ed i salici perché meglio si prestino alla piegatura. Una croce a raggiera che a poco a poco si trasforma in disco mano mano allargantesi, costituisce il fondo destinato a diventare una cavàgna o a rivestire una fiasca o una damigiana. Un intreccio in senso perpendicolare di strisce sottili, e di misure quasi uniformi, è l'inizio di una sporta (sporta) o scorba (zana), di forma quadrata o rettangolare che risulterà a sponde più o meno alte a seconda del numero di strisce usate. Vimini bianchi e sottili, leggiadramente intrecciati fra loro con arte civettuola diventeranno fra poco elèganti e leggeri gabiin (gabbietta), destinati a sostenere per i primi passi i bambini del popolo e ad accompagnarli nelle loro corse fra le pareti domestiche, oppure imponenti e maestose dòon (manichini a buon mercato) sopra le quali faranno bella pompa i vestiti muliebri che le sarte del popolo confezioneranno per le loro più esigenti clienti. Anche qualche gàbia - di un tipo speciale, riservata ai merli, - disperazione dei pennuti prigionieri, è appesa ai chiodi delle pareti o del soffitto, così come vi si vedono appesi piccoli e gentili cavagnö (canestri), magari a diversi colori, gioia e delizia dei bimbi da asilo, studenti in erba più preoccupati del cibo del corpo che non di quello dello spirito.
Entra un cliente, magro, ossuto, invecchiato innanzi tempo e si avvicina al padrone:

ho vist al spurtei ca l gà fàt a l Tegnon, (Tignoso, sopranome di un pescatore di rane).
Sì, risponde il cestaio; il cestino per la pesca delle rane; perché, vi piace?

l ma piàs tant, e na vurìssi vöi istess (uguale), però, (mostrando le mani)
l vàda no che manon? vurissi l büs un po püssè gross.
Ho capito, va bene, sarete accontentato.