... curiosità popolari Cava Manara |
Proverbi e Modi di direIl popolo, forgiandosi quelle particolari locuzioni espresse m forma sintetica, vibrata, spesso
giovandosi di assonanze e di rima, che passano sotto il nome ,di proverbi, è venuto a crearsi una raccolta di utili
insegnamenti per tutti i casi della vita. Attraverso una esperienza che si perde nella notte dei tempi, per ogni
contingenza il proverbio ha fissato una norma; ma specialmente in campagna, il ciclo delle stagioni, la meteorologia,
la stessa economia rurale, hanno inspirato la nostra gente che ha dato vita ad una copiosa raccolta di detti popolari,
base perenne per tutti i Vesta Verda ed i Pescatori che l'arte della stampa ci ha più
tardi regalato. Anche il proverbio è folclore, e per questo crediamo, interessante raccogliere i più caratteristici
detti in uso fra noi, sia di carattere locale che con significato generale, come, ad esempio, quelli meteorologici. «Chi vive di speranza fa la fresca danza» «Non ventura chi non sa fatica» «O fortuna, de ogni povertade inimica» «Chi ben pensa raro falla» Altri proverbi abbiamo veduti in un registro di spese ed entrate famigliari (1 nov. 1568-1577) dove lo storico pavese Bernardo Sacco si compiaceva di annotare pure spunti di cronaca cittadina, commentando con massime o proverbi , tali sue note: «Quando il pesce abbonda il grano affonda » E per Febbraio: «Alla Candelora dell'inverno non siamo fora; e ancora: «Carnevale colmo de crapulare» per il Marzo, giorno 21: «Quando piove all'equinochio il seminato perde un ochio» Confessiamo di non aver saputo trovare una spiegazione a questa sorta di proverbio! «Luglio scoloratto col battere male adatto» alludente al fatto che se Luglio non ci largisce sole, il grano tarda a giungere a maturazione. Di 79 anni, nel febbraio 1575, essendo stato il Sacco alcun tempo malato, non potè tenere la consueta contabilità e commenta con questa massima che ha tutto il sapore di un proverbio: «Stando al letto si è speso senza scrittura Nello stesso mese, facendo cenno di una lite clamorosa svoltasi fra i componenti di una nota famiglia pavese, conclude: «Amore in apparenza più che in essenza» Ed ecco ora alcuni proverbi e modi di dire prettamente pavesi tuttora correnti sulle labbra del popolo, malgrado molti
di essi già si trovino riportati dal citato almanacco pavese, Il Giarlaett, del 1765. «Da l dì a l fà gh è d diferensa la metà» Questo proverbio differenzia molto dal famoso «Dal dire al fare c'è di mezzo il mare» del quale mare qualche volta e per molta gente riesce impossibile la traversata e quindi tutto ciò che è stato promesso può anche non essere mantenuto. Nel proverbio pavese la differenza fra la promessa e il mantenimento della medesima si riduce alla metà, quindi, nella peggiore delle ipotesi rimane sempre almeno il cinquanta per cento a garanzia di colui a favore del quale la promessa è stata fatta. «Pegur e don Sa m dì da trà a mì a na cert ura mandèi a durmì» Questo detto non richiede spiegazioni, specialmente per coloro che ad una certa ora preferiscono essere liberi da ogni impaccio muliebre, e... per i gelosi! «Da Pasqua a S. Martéi, sü acqua e giù véi e da S. Martéi in là, sü acqua e giù mas-cià» Doveva essere di gusti ben modesti colui che si adattava a questo sistema di rendere quasi perenne la
riserva della cantina ricorrendo ad un accordo tanto perfetto fra i tini e la pompa; è ben vero che dove funziona il
pozzo la fortuna è fatta tanto che l' puss ád San Patrissi è sinonimo di fonte inesauribile, ma è altrettanto
vero che se resiste la quantità da1 vej e dal mas-cià, non resisterà altrettanto bene la qualità. A proposito
di vino e di vinello, che in pavese viene chiamato pusca, di individuo che non irrobustisce, dicesi comunemente:
l' vegna mai nè da pusca né da véì. Mentre taluni proverbi, col passare degli anni hanno mantenuto integro il
loro significato: Ruinà d' ram e d' radisa (rovinato completamente); fà fura fura (fare affannosamente);
insì va là valeri (alla meglio), altri hanno cambiato il significato. Andà in avuión, che anticamente
significava andare per le lunghe ora significa andare perduto. Esempio: l disnà l'è ndàt in avuión. I proverbi, che da taluni vengono considerati come il frutto dell'esperienza dei popoli, sono da
altri tenuti in conto di fole o di fandonie, che a Pavia si chiamano bàl, quando raggiungono l'inverosimile
vengono senz'altro definite: Bàl da mát a l' su quand piöva (fandonie da esporre al sole in tempo di pioggia).
Rubà un mèral a n barbè (fare un magro affare) vorrà forse significare che ad un barbiere il quale generalmente
è ciarliero per natura, portar via il merlo che col suo zufolare può recare più molestia che piacere, è fargli favore
più che danno. |